domenica 27 novembre 2011

poesia di novembre 2011

Nell'ora dell'incertezza assoluta
devo imparare a dire "non so"
*centellinando quel bicchiere d'acqua
che sorseggiai quando avevo sei anni
ma una risposta può stare sospesa
finché l'acqua solletica la voce
poi per valicare il tempo va scritta
e se è scritta diventa un macigno
che percorrendo l'universo mondo
va alla scoperta d'altre risposte

*Quando avevo sei anni, Don Matta, vice parroco della chiesa di Santa Croce, raccomandava a noi ragazzini di meditare bene e con calma prima d rispondere a chi ci interpellava. Appunto bevendo lentamente un bicchiere d'acqua. Don Matta aveva una grande esperienza essendo già stato parroco di una chiesa inglese. 

domenica 20 novembre 2011

LA SCUOLA SICILIANA (ricerca per il laboratorio "Parole in gioco" dell'UNITRE di San Gillio

Federico II, nipote di Federico Barbarossa, nasce a Jesi il 26 dicembre 1194 da Costanza d'Altavilla e da Enrico vi. Nel maggio 1198, sotto Papa Innocenzo III, è incoronato RE di Sicila. Nel 1208 diventa maggiorenne e l'anno successivo sposa Costanza d'Aragona. Nel 1215 è incoronato imperatore ad Acquisgrana mentre nel 1220 riceve a Roma la corona da Papa Onorio III.
Nel 1224 fonda lUniversità di Napoli che ancora oggi porta il suo nome.
Morta la moglie sposa Isabella, figlia di Giovanni di Brienne Re di Gerusalemme, pure lui come Federico, poeta. L'epoca è quella della morte di San Francesco (1226).
Nel 1228 Federico va in Terra Santa viene incoronato a Gerusalemme e ritorna in Sicilia. Nel 1230 fa pace col nuovo Papa Gregorio IX.
L'anno successivo promulga il "Liber Augustari" ovvero le "Costituzioni Melfitane".
Nel 1235, vedovo per la seconda volta, sposa Isabella sorella del Re d'Inghilterra e l'anno successivo è eletto Re di Germania. La domenica delle Palme 1239 viene scomunicato.
Morto Papa Gregorio IX diventa Papa Innocenzo IV che nel 1244 fugge a Lione dove nel 1245 Federico viene deposto dal trono imperiale.
E' proprio nel suo viaggiio verso Lione che Federico passa da Torino dove pare si sia fermato per uno o più giorni.
Federico, sconfitto muore in Puglia a Castel Fiorentino nel 1250 a solo 56 anni, passati tra battaglie vinte e perse e, come vedremo, tra l'arte e la cultura più eccelsa del tempo. Solo 56 anni, ma tutti vissuti intensamente.  Questa per sommi capi la sua vita.
Ma cos'è che fa grande Federico? Intanto la continuazione della lotta tra impero e papato intrapresa dal nonno Federico Barbarossa. In termini attuali si potrebbe dire tra la laicità dello stato e la religione diventata istituzione politica.
Ma al di là di questo di per sé già importante è significativo il fatto che alla sua corte si verificò una cosa impensabile per l'epoca e che anche oggi è assai difficile da realizzare. In Sicilia accadde che culture assai diverse tra loro operarono e crebbero insieme facendo fare all'arte, alla poesia, alla cultura in generale un salto di qualità che brilla ancora oggi.
Non a caso Federico fu definito "Stupor Mundi".
Fu un sovrano che inspirò gli estremi del panegirico e dell'invettiva dell'amore e dell'odio. Secondo le testimonianze poetiche il più grazioso monarca e il più vile, il più generoso e il più avaro, sovrumano o demoniaco, salvatore messianico o anticristo.
Ma indipendentemente dalle valutazioni è stato colui che nei primi cinquant'anni del 1200 dede vita alla convivenza tra le diverse culture presenti sul territorio: l'ebraica, la bizantina, l'araba.
Almeno otto erano le lingue con cui ci si confrontava alla sua corte.
Per farsene un'idea basta mettere piede nella Cappella Palatina di Palazzo dei Normanni a Palermo. Si resta abbagliati e senza fiato nel vedere come l'arte araba, quella ebraica e quella bizantina abbiano saputo fare insieme, convivendo, un salto di ineguagliabile valore.
Ma perché ciò avvenne?
Perché non ci fu tolleranza ma convivenza.
Tolleranza implica una "cultura superiore" (o ritenuta tale) che tollera altre culture sotto traccia considerate inferiori. La convivenza è invece improntata ad un confronto tra pari dove le diverse culture appunto convivono e "contaminandosi" danno luogo ad un'altra cultura che, esaltando le precedenti in sé contenute, nel divenire si fà "nuova".
E' così che alla corte federicana nasce la prima scuola poetica italiana: la Scuola Siciliana.
Dante che non fu solo il "sommo poeta", ma anche uno studioso delle lingue, esaminò la lingua "triforme" dell'Europa meridionale costituta dalla lingia "d'oc" da quella "d'oil" e dalla lingua del "si" parlate in territori contigui anche se distanti tra loro.
Nella lingua del "si" Dante distinse 14 tipi o esperienze sostanzialmente autonome assegnando al "volgare sicliano", strumento della scuola poetica di Federico II, il ruolo di anticipatore della lingia del "dolce stil novo":
In proposito Dante scrive sul "De vulgari eloquentia":
... quegli uomini grandi e illuminati, Federico imperatore e il suo degno figlio Manfredi che seppero esprimere tutta la nobiltà e dirittura del loro spirito e finché la fortuna lo permise si comportarono da veri uomini sdegnando di vivere come bestie. Ed è per questo che quanti avevano in sé nobiltà di cuore e ricchezza di doni divini, si forzarono di rimanere in contatto con la maestà dei grandi principi cosicché tutto ciò che a quel tempo (Dante scrive quasi un secolo dopo) prooducevano gli italiani più nobili d'animo vedeva la luce dapprima nella reggia di quei sovrani così insigni.
Poiché sede del trono regale era la Sicilia ne è venuto che tutto quanto i nobili nostri predecessori hanno prodotto in volgare si chiama siciliano: ciò che anche noi teniamo per fermo e che i nostri posteri non potranno mutare.

I poeti della scuola siciliana

Lattività della scuola siciliana si svolge presso la corte federicana dove i poeti sono funzionari (notai, magistrati, ecc.) che trovano nella poesia un motivo di evasione dalla realtà delle proprie funzioni sociali. La lirica siciliana si svolge quindi su motivi avulsi dalle tematiche politiche vere e proprie anche se non mancano ovviamente, gli schemi tipici di una società feudale, come l'omaggio rivolto alla donna che mantiene le convenzioni già in uso nella cultura provenzale che è immediatamente antecedente alla scuola siciliana.

Federico II

Misura, provedenza e meritanza
fa essere l'uomo savio e conoscente,
e ogni nobiltà buon senn'avanza
e ciascuna riccheza fa prudente.

Né di riccheze aver grande abundanza
faria l'omo ch'è vile esser valente,
ma della ordinata costumanza
discende gentileza fra la gente.

Omo ch'é posto in alto signoragio
e in riccheze abunda, tosto scende,
credendo fermo stare in signoria.

Unde non salti troppo omo ch'è saggio,
per grandi alteze che ventura prende,
ma tuttora mantegna cortesia.

Giacomo Da Lentini
E' il più notevole dei poeti siciliani, quasi un caposcuola, forse a lui si deve l'invenzione del sonetto.

Sì come il sol, che manda la sua sfera
e passa per lo vetro e no lo parte,
e l'altro vetro che le donne spera,
che passa gli occhi e va da l'altra parte,

così l'Amore sere là ove spera
e mandavi lo dardo da sua parte:
fere in tal loco che l'omo non spera
e passa gli occhi e lo core diparte.

Lo dardo dell'Amore, là ove giunge,
da poi che dà feruta sì s'apprende
di foco, ch'arde dentro e fuore non pare;

e li due cori insemla li giunge:
de l'arte de l'amore sì gli aprende,
e face l'uno e l'altro d'amore pare.
Pier della Vigna
Consigliere di Federico II è forse lui il vero imput della scuola.
Guido delle Colonne
Rinaldo D'Aquino
Stefano Protonotario da Messina
Jacopo Mostacci
Giacomino Pugliese
Re Enzo figlio naturale di Federico II
Mazzeo di Ricco da Messina
Filippo da Messina
Bondie Dietaiuti
Maestro Francesco
Megliore degli Abati
Maestro Torrigiano
Pucciandone Martelli
Ugo di Massa
Cielo D'alcamo che viene di fatto inserito nella scuola anche se certamente non ne faceva parte.


Nel lungo corso di tanti secoli
fu soltanto la lingia che ci unì
un percorso che aprì Federico
e che l'Alighieri certificò
dove il Manzoni poi sciacquò i suoi panni
Nessuno scheglie se nascere e dove
ognuno è cittadino della Terra
a sud di un nord che è sud per altri
così come chi nata in Mozambico
questo 5 giugno parlò italiano
Luigi tribaudino
5 giugno 2011
Premiazione della XXI edizione del
Concorso Nazionale Letterario "Garcia Lorca"